La Scala del Destino

Non avevo mai creduto nei segni del destino, almeno fino a quella sera.

Mi trovavo a teatro, seduto tra la folla che aspettava l'inizio di un'opera. Accanto a me c'era Giulia, una donna sconosciuta con un sorriso gentile e occhi che riflettevano la luce delle candele.

Durante l'intervallo, ci scambiammo poche parole: parlavamo di musica, di sogni e di come ognuno vedeva il proprio futuro. Era come se ogni discorso aprisse una porta su un mondo nuovo.

Dopo il secondo atto, Giulia si alzò e, senza una spiegazione, lasciò il teatro. Restai lì, confuso, con un desiderio inesplicabile di sapere cosa fosse successo.

Le settimane seguenti, cercai di incontrarla di nuovo, ma sembrava svanita come un ricordo sfocato. Ogni angolo della città ricordava la sua presenza, eppure nessuno sapeva nulla di lei.

Un giorno, mentre camminavo vicino alla scala che portava al vecchio caffè accanto al teatro, la vidi seduta a un tavolo, assorta nei suoi pensieri.

Non ci fu nessuna grande dichiarazione, nessun gesto spettacolare. Solo due persone che, per un momento, avevano condiviso un'intesa silenziosa.

Quel incontro mi insegnò che a volte il destino non si manifesta con eventi straordinari, ma con piccole coincidenze che lasciano un segno profondo, anche se non sappiamo dove porteranno.

Non so come finirà, e forse è meglio così. La scala del destino rimane aperta, pronta a salire o scendere, senza fretta e senza certezza.