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Non so da quanto tempo quel tramonto mi osservasse, ma ieri sera ha deciso di parlarci finalmente.
Io ero seduta su una panchina al margine del lungomare di Trieste, aspettando un tram che tardava ad arrivare. Intorno a me, la luce arancione si rifletteva sulle onde calme, mentre un uomo al mio fianco cercava di scrivere qualcosa su un vecchio biglietto strappato.
Si chiamava Riccardo, un fotografo di viaggi sempre in movimento, ma quella sera sembrava perso, come se cercasse di catturare qualcosa che andava oltre l’immagine.
Il biglietto, spiegò, era una parte di una lettera mai inviata, destinata a una persona importante della sua vita. Parlammo del coraggio che serve per lasciare andare certe parole, specialmente quelle non dette.
Riccardo lesse ad alta voce quel pezzo di confessione, e nel silenzio del tramonto, le sue parole sembrarono trovare un’eco anche dentro di me.
Non c’era alcuna storia di incontri o riprese, né una promessa di futuro. Solo un momento condiviso, una pausa sospesa dove due sconosciuti lasciavano aperta la porta alle emozioni senza pretese.
Il tram arrivò con il suo canto metallico, interrompendo quella pace fragile. Riccardo si alzò, e senza aggiungere altro, lasciò cadere il biglietto sul pavimento prima di salire.
Restai lì, con il biglietto in mano, un pezzo di storia silenziosa che forse non avrei mai dovuto leggere, ma che aveva trasformato un tramonto qualunque in qualcosa di diverso.
Forse, a volte, l’amore è solo quello: una parola rimasta sospesa, un incontro sfiorato, un attimo che cambia il colore del cielo senza bisogno di altro.
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